Peculiarità e rischi del mercato sportivo
Inserito il 24 gennaio 2013 11:50 da Redazione in Non solo campo
Ecco il quinto argomento trattato dal nostro esperto, titolare della rubrica "Non solo campo", Vincenzo Santoleri. Si parla del mercato sportivo.Il fenomeno sportivo viene considerato unico ed è caratterizzato da una trasversalità tale da coinvolgere gli strati più svariati della società. Nel 2005 Il 33% della popolazione italiana oltre i 15 anni pratica una disciplina sportiva almeno due volte alla settimana e lo stesso comportamento è tenuto dal 47% di quella europea. Una passione capace di accomunare persone appartenenti alle più diverse categorie, abbattendo differenze di ceto, censo, nazionalità, razza e credo politico/religioso.
Considerati i numeri a cui si fa riferimento, parlare di un “mercato sportivo” non sembra fuori luogo; un mercato che potrebbe essere studiato applicando i principi del marketing classico (analisi del target, strategia, azione) e le leve del mix (prezzo, prodotto, piazzamento, promozione). Tuttavia questo sistema sfugge frequentemente alle consuete dinamiche dello scambio di beni, generando fenomeni non prevedibili a priori. Questa incertezza dipende da elementi quali immaterialità, risultato, componente emotiva e dinamiche relazionali che sono di difficile lettura e gestione anche da parte di operatori qualificati ed esperti. A ciò si aggiungano il progresso tecnico, l’incessante sviluppo della piattaforma web, della telefonia mobile e della tv digitale che hanno rivoluzionato, in pochi anni, il modo di fare comunicazione.
Si pensi soltanto al potere e all’importanza che ormai rivestono i social networks, reti di connessioni capaci di mobilitare milioni di persone attorno ad una manifestazione di qualsivoglia natura. Alcuni studiosi*, in proposito, parlano di “convergenza sportiva”, una peculiarità consistente nell’attrarre nell’orbita di un evento sportivo una molteplicità di soggetti direttamente o indirettamente coinvolti. Il co-marketing, di cui si fa frequente uso, ne sarebbe una manifestazione al punto da tradursi in forme di collaborazione specifiche e addirittura canonizzate. In questo contesto così incerto, variabile, complesso e retto da meccanismi del tutto propri, l’informazione assume una rilevanza fondamentale.
Diventa strategico gestire correttamente la piattaforma comunicazionale di un evento o di una società, dando ad essa un ordine e integrandone, in modo sinergico, i diversi canali (carta stampata, web, tv). La sponsorizzazione o l’accostamento al mondo sportivo, anche da parte di partners esterni, trasmette informazioni sull’azienda al praticante che è al tempo stesso consumatore. Gli studi insegnano che ogni operazione di questo genere dovrebbe avere alla base una “analisi economica” (su costi, ricavi, utili) ed uno studio di fattibilità (business – plan anche modesto) atti a verificare le concrete possibilità di successo; dovrebbero seguire una fase di organizzazione e un piano marketing rivolto a clienti finali e partners coinvolti; infine si dovrebbe passare alla fase operativa che si esaurirebbe con le operazioni post evento: consuntivazione e valutazione. Un iter che andrebbe percorso sempre, non solo dai colossi del sistema (federazioni e grossi club), ma anche dalle piccole realtà, intendendosi per tali, la miriade di società sportive che compongono il sistema italiano.
Troppo spesso, invece, questo tipo di approccio viene evitato e i progetti, da opportunità di investimento, si trasformano in autentici bagni di sangue; i ritorni tardano, mancano i fondi, il team perde entusiasmo, i partners non rinnovano la fiducia, si interrompono i lavori e in poco tempo ci si trova con un centro sportivo chiuso, abbandonato e invaso dall’erba. Purtroppo queste situazioni non sono frutto di invenzione o pessimismo ma rispecchiano la realtà di alcune zone d’Italia soprattutto in questo periodo di crisi economica.
Ad aggravare la situazione contribuisce la miopia imprenditoriale, tipicamente italiana, che induce a ridurre gli investimenti su nuovi progetti con l’illusione di tagliare i costi. Probabilmente le spese superflue si potrebbero limitare in altro modo, controllando i consumi tipici (acqua, luce, scorte inutilizzate e utenze varie), anziché allontanarsi da nuove proposte o chiudersi alle opportunità di crescita. Vari soggetti economici trarrebbero beneficio da collaborazioni con l’associazionismo sportivo, soprattutto in termini di immagine, visibilità e numero di potenziali clienti; non solo aziende di settore e produttori di beni ma anche realtà come gli enti pubblici, il cui interesse a trasmettere un’immagine positiva al cittadino – elettore è molto forte.
Il marketing territoriale sportivo, che molti enti locali (Trentino, Valle D’Aosta) attuano al fine di avere ritorni sul turismo, potrebbe essere un esempio. Generalmente il cittadino - consumatore è portato a dare fiducia a chi gli garantisce benessere fisico ed emozionale e nulla, più che lo sport, pare in grado di coniugare al meglio le due sensazioni. A fronte di questa complessità non fa sempre riscontro una professionalità adeguata e, frequentemente, il progetto sportivo (evento, società, atleta) risulta affidato con superficialità a team che, oltre a non avere una adeguata formazione, hanno scarsa conoscenza delle dinamiche di cui prima. Molto spesso infatti questi gruppi di lavoro provengono da settori economici completamente diversi dal mondo sportivo e, pur ignorandone gli aspetti e i meccanismi, si ostinano a gestire le situazioni che si presentano secondo logiche del tutto personali.
Le società e gli eventi sportivi sono aziende e come tali andrebbero considerate, con occhio attento all’economicità delle operazioni, ma senza dimenticare che appartengono ad un sistema in cui un forte ruolo viene giocato dal “Fattore X”. Si intende fare riferimento con questo termine ad una miscela di passione, coinvolgimento ed emozione che gli operatori (tecnici e volontari) e gli utenti (amatori e atleti) mettono sul campo. Difficile prevedere l’ondata di entusiasmo che può scaturire da una vittoria, da un meeting sportivo, o anche soltanto da un evento di modestissime dimensioni (torneo pomeridiano, settimana di stage, vacanza sportiva) soprattutto se mancano preparazione ed esperienza nel settore.
Note:
*Sergio Cherubini in Marketing, comunicazione ed eventi, Franco Angeli, MILANO 2005
Vincenzo Santoleri
Vincenzo Santoleri vive a Torino e ha 40 anni (1971). Ha giocato a tennis a livello agonistico sino a raggiungere la seconda categoria (B3). Maestro nazionale FIT e Tecnico Nazionale FIT. Laurea in giurisprudenza e specializzazione universitaria post laurea in management e marketing sportivo. Iscritto al consiglio dell'ordine degli avvocati come patrocinatore. Svolge attività di insegnamento, allenamento di giocatori agonistici e consulenza sportiva (gestione, contratti, lavoro sportivo, progetti). Sito www.tennisexperience.it e relativa pagina Facebook.