Gasquet, Peter Pan della terra rossa
Inserito il 28 agosto 2005 02:30 da Alessandro Bianchi in ATP e dintorni
La favola di Richard Gasquet inizia quando il padre, maestro di tennis nel sud della Francia, gli mette a quattro anni una rachetta in mano. Il piccolo Richard timido ed introverso capisce subito che si esprime meglio a dritti e rovesci che a parole. Da allora non è cambiato molto e la sua vera gioia rimane quella di accarezzare o di maltatrare una palina di tennis ma sempre con movimenti eleganti e nobili.
Nel mezzo ci sono stati tante cose: le prime esaltanti vittorie a Montecarlo a quindici anni; le foto in prima pagina dei maggiori quotidiani sportivi e le stesse foto che la federazione francese fa girare nelle scuole tennis; gli allenatori che non lo capivano o che lui non capiva.Il piccolo Peter Pan francese è fatto di una stoffa diversa dal campione che tutta la Francia vorrebbe e non rappresenta l’immagine che sia ha dei francesi, non è presuntuoso, non è arrogante, non “brucia” del sacro furore nazionalistico. Richard si è stupito e si è subito sorpreso di tutte queste attenzioni e non ha mai capito bene perchè dovrebbe rappresentare qualcosa diverso da quello che è cioò un ragazzo semplice, buono che si trova piu’ a suo agio con i suoi coetanei e con i bambini che lo avvicinano incuriositi che con tutti i maturi ed esperti giocatori che popolano il mondo dei tornei atp. Gli si diceva che in campo doveva essere come loro cattivo, spietato e sopratutto vincente... ma lui si domandava perchè doveva essere diverso da quello che era...In fondo troppo buono per gioire del dolore delle sconfitte degli altri, non ha mai infierito, shockato che tutti aspettasero da lui ancora “bambino” soltanto le vittorie..che cercassero di paragonarlo a belve “sanguinarie” sportivamente parlando come il suo coetaneo Nadal...
Quello che nessuno capiva era che aveva solo un desiderio, un solo piacere, una sola gioia, quella del campo, quella di calpestare la terra rossa meglio se quella del Roland Garros ma senza disprezzare quella del circolo di Barletta o di Napoli...perchè in fondo ci si diverte anche lì se si può tirare quel suo rovescio incantato...
La vittoria per il ragazzo, non piu’ bambino, del sud della francia sarà sempre la conseguenza, il logico risultato del suo talento, della sua voglià di divertirsi...mai l’obiettivo. Adesso attraverso il divertimento e la gioia di questo ragazzo “normale” e sensibile, la Francia può sperare di aver trovato un nuovo moschettiere e una di queste estati “l’enfant de la terre rouge” potrebbe far sorridere e gioire i tanti nipotini di Shoven pur così diversi da lui.
Un eroe per caso forse senza il “fisique du role” senza la fisicità del campione annunciato, senza la ferma convinzione di essere un vincente per forza, normale nel fisico, piu’ da tozzo aiutante che da aspirante D’artagnan sia nella semplicità del pensare e parlare. Solo sul campo non è normale ed è lì che il rovescio diventa l’arma capace di buttare fuori dal campo l’aversario con dei colpi corti o stretti, in gergo “strettini”, o di fulminarlo con delle accellerazioni secche. Il dritto da fermo incrociato è una mazzata e solo in movimento diventa un pò meno regolare mentre il servizio quasi unicamente in kick è alquanto fastidioso per gli avversari e con il passare del tempo sarà sempre piu’ incisivo. Non un bombardiare come Roddick ma di certo non il suo punto debole anzi...
La mano è da artista e la cordinazione super. La rete non sarà mai il suo pezzo forte visto che non è un gigante, ma anche lì non se la cava di certo male.
La rotta verso “l’isola che non c’è” passa obbligatoriamente per i campi di terra rossa di Parigi...”campo centrale a destra e poi dritto fino al mattino....” con il solo vero ed unico sogno di non crescere mai.
GIANLUCA DOVA