Roger solo al comando

Inserito il 6 luglio 2009 11:44 da Vincenzo Ressa in Internazionale
Federer torna numero uno e supera Sampras con il quindicesimo slam, Roddick si arrende 16-14 al quinto.
Federer ha vinto, sapeva di doverlo fare, non poteva deludere nessuno, la felpa era già li, forgiata con il numero quindici.

Londra, 5-7-2009
Il mondo attende spasmodico l’atto finale numero centoventitre dei “Championship”, sono tutti pronti, pronti dare sfogo alle loro penne, pronti ad ubriacarci con gli ennesimi record elvetici, eccitati dalle cifre e consci di scrivere storia e leggenda.
Questo pomeriggio, però, Andy Roddick non era d’accordo, ha provato a rovinare la tavola già apparecchiata e ci stava anche riuscendo, il problema è stato il servizio svizzero, oggi samprasseggiante per ben cinquanta volte.
E’ accaduto ciò che era previsto e allora apriti cielo, allora andiamo tutti a contare, oppure no; direi che i numeri parlano da soli e allora lasciamoli parlare, piuttosto raccontiamo la lunga finale, lunga duecentocinquantasei minuti.

E’ una giornata splendida a Londra come le tredici passate, una garanzia visto l’immorale tetto accroccato sul centrale più famoso del mondo. La passerella teatrale è preannunciata, sugli spalti attori, sportivi e grandi leggende come Laver, Borg, Nastase e Santana sono pronti a godersi uno spettacolo dalla trama apparentemente scontata. Apparentemente.

L’americano vince il sorteggio e sceglie di servire, subito due ace per mettere le cose in chiaro. Risponde lo svizzero con la stessa arma, anche lui due volte vincente alla battuta nel suo primo turno di servizio.
Siamo al terzo cambio campo, un brusio si alza dalla Royal Box, il pubblico mormora: è arrivato, è arrivato Pete Sampras, ovazione. Svanisce per un attimo l’aria corrucciata di Roger, accenna anche un sorriso.
Si corre svelti fino al cinque pari, lo svizzero ha cinque possibilità di break ma le fallisce tutte, anche l’ultima risulta lunga di un filo d’erba dalla linea terrosa di fondo. Sul cinque-sei Federer fronteggia la prima difficoltà dell’incontro, lo yankee risponde aggressivo e schiva il gioco decisivo. Sette-cinque Roddick.

La seconda partita segue l’andamento dei servizi senza nessun sussulto, a parte un paio di passanti clamorosi di Roddick dal lato sinistro(sisi, di rovescio) e qualche volee accarezzata dello svizzero.
Nel tie break lo statunitense si trova avanti sei-due e servizio con quattro palle per salire sopra di due set nel torneo più importante del mondo; la prima non entra, ma il dritto si, un lungolinea rabbioso sul quale Federer incrocia di contro balzo rovescio vincente, adesso serve lui due volte e con due prime siamo sei-cinque servizio Roddick.
L’americano si apre il campo e si precipita verso il net, l’avversario arrangia un passante che però rimane alto, quella palla sembra non arrivare mai, sembra uscire ma la violenza goffa della volee di Roddick la spinge metri fuori. Sul seipari un altro punto ceduto al servizio e un dritto vincente di Federer chiudono il secondo parziale con sei punti di fila per Federer.
Chiamatela paura di vincere o se preferite abitudine a perdere, ne abbiamo visti tanti di match del genere, ne abbiamo visti tanti finire dopo opportunità bruciate, abbiamo sentenziato troppe volte la sudditanza del più debole; oggi però non è stato uno di quei giorni, Andy ha avuto la forza di tenere aperto il sipario, di non scoraggiarsi, di continuare perché va bene così, perché un’occasione del genere non capita più. Basta uno sguardo con “guru Stefanki”, un “keep going” autoritario, continua così Andy.

Il terzo set è la fotocopia del precedente con i due bombardieri che grandinano catenate su catenate al servizio e raccolgono a rete sul lato sinistro dell’avversario, è di nuovo tie break. Questa volta è Federer ad andare avanti cinque-due e poi sei-cinque, solo che lo svizzero non trema, non ne avevamo dubbi. Due set a uno.

Nel quarto parziale Roddick continua a martellare al servizio (che non ha ancora perso) mentre Federer sembra non riuscire a staccarsi, si tiene a galla con la battuta perché nello scambio non tiene, o meglio sbaglia tutto da solo, anche di metri. La partita è oggettivamente mediocre, non meno dei rimbalzi dello svizzero. C’è un solo break, il secondo, per Roddick che chiude seitre e porta il match al quinto per la terza finale di fila all’All England Club.

La partita decisiva è un’incognita, i due non trovano mai due risposte in campo nello stesso gioco e il tie break non c’è. Si va a oltranza.
Nel secondo gioco lo svizzero ha una palla break annullata con un servizio al corpo, le due successive opportunità le ha Roddick sul novepari ma, neanche a dirlo, sono due battute vincenti a cancellarle.
Si arriva al trentesimo gioco del quinto set con Andy che oggi ha tenuto il servizio per trentasei turni consecutivi senza mai cederlo, bastano però due risposte in campo e la stecca finale per spegnere il sogno americano.
Urla di gioia per la sesta volta Federer ma non si lascia andare sulla terba, c’è un amico-avversario da abbracciare a rete.

Durante la premiazione Roger consola Andy dicendo che sa come ci si sente, avendo perso il match thriller dello scorso anno con Nadal, replica l’americano “beh, ma tu hai già vinto cinque volte” e si va a sedere con gli occhi lucidi ma orgogliosi di un cane bastonato per la diciannovesima su ventuno sfide.
C’è il giro di campo con la coppa per il vincitore che da oggi è solo nell’Olimpo, “solo” con quindici trofei dello slam.


L’appuntamento è fra tre settimane in Canada a Montreal, chissà se Federer avrà ancora voglia, la forza, le motivazioni; magari lo troviamo sovrappeso insieme a Nalbandian mentre spinge il passeggino, o magari no.
Anzi sicuramente no, non è il tipo. Avrà altre priorità ma continuerà a vincere, ama troppo questo sport.

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