In due nell'Olimpo, quattordici per uno

Inserito il 7 giugno 2009 18:41 da Vincenzo Ressa in Internazionale
Primo Roland Garros  e quattordicesimo Slam per Federer, Soderling cede tre set a zero.

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L'uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perchè, nel frattempo, lui stesso è cambiato.
Da sè stessi non si può fuggire. (A.Tarkovsky)

Partito da Basilea,Roger Federer adesso può toccare il cielo dalla vetta dell’Olimpo. E’ in buona compagnia, il suo coinquilino Pete lo aspetta dal duemiladue e ora rischia di essere sfrattato.
Dall’alto lo svizzero può scrutare il Mar Egeo,un mare pieno di squali, squali spagnoli, scozzesi e serbi; sa che se sanguina troppo farà una brutta fine, sa anche che ormai manca poco, mancano sette partite per essere l’unico abitante nella dimora degli Dei, una dimora arredata con quindici trofei.


È domenica, la scorsa domenica, il cielo è coperto, la giornata uggiosa; lo svedese Soderling malmena un re della terra sfiatato e scarico, lo sommerge di randellate, sbraccia catenate all’arrembaggio della palla match; Nadal lotta strenuo fino all’ultimo, fino al tie break del quarto, e poi soccombe, per la prima volta, sul Philippe Chatrier.

Nella mente dello svizzero inizia ad aleggiare un pensiero, un pensiero stupendo.
La storia è stata apparecchiata per lui. Non può fallire, deve farsi coraggio.

Il ventisettenne è zavorrato da un’indicibile pressione, un macigno da trasportare fino al traguardo attraverso il più atroce dei calvari.
Lunedì pomeriggio era fuori, quasi fuori, con Haas che, avanti di due set, aveva la palla per andare a servire per l’incontro complici tre dritti scentrati malamente da Federer e finiti metri fuori. Lo svizzero metteva una buona prima, il tedesco rispondeva bloccato e profondo, poi paf: dritto anomalo a tutto braccio sulla riga, deuce. La partita girava al gioco successivo, da quel momento Haas schiantava, conquistando solo altri due giochi.

Mercoledì, quarti di finale, l’avversario è Monfils. Al francese questa volta non basta tirare fuori i remi, ha una palla set nella prima partita ma poi cede all’aggressività dell’elvetico. Finisce tre a zero.

Venerdì, semifinale contro Del Potro, la mente è già a domenica, le gambe non vanno, Federer è imballato, è intrappolato in un’aura di impotenza mentre l’altro serve solo prime, tira fortissimo e sbaglia poco. Ha però la forza di sudare, di lottare, di urlare; si scioglie pian piano e il match gira, seiquattro al quinto. Adesso ne manca solo una, Roger è vicino, la può sfiorare con un dito.



Domenica, finale con Robin Soderling, Parigi è grigia, coperta da una minacciosa coltre di nuvole, il campo è più lento, più fangoso. Federer è avanti nove a zero nei precedenti, sa che non può sbagliare, sa che lo svedese è manna dal cielo per il suo gioco.

Il copione lo conosciamo bene: slice basso e corto sul rovescio bimane dello svedese e poi via, dritto incrociato dall’altra parte. Lo svizzero inzia a servire in maniera sontuosa riuscendo a tenere l’avversario ben dietro la linea di fondo con colpi carichi e precisi, alla prima occasione poi entra prepotente con il diritto. Soderling, schiacciato dalla pressione, è impreciso al servizio mentre da fondo soffre, non potendo trovare il ritmo grazie alle variazioni dell’elvetico. Non c’è obiettivamente match: la prima partita vola via in ventitre minuti, seiuno Federer.
Il secondo set segue i servizi senza ombra di palle break ma nel jeu decisif lo svizzero sfodera quattro ace su altrettanti servizi giocati(si avete capito bene, quattro su quattro). Sette a uno e due set a zero.
Nella terza frazione Soderling cede la battuta in apertura poi il match segue i servizi, si arriva al cinque-quattro serve Federer sul vantaggio interno: prima al centro e risposta in rete.

Si inginocchia commosso sulla terra, sulla sua terra, Lo chatrier è una bolgia, tutta per lui.

E’ il quattordicesimo slam, come Sampras, e il carrier slam è completo come Perry, come Budge, come Laver, come Emerson e come Agassi. Proprio l’americano consegna il trofeo.

Federer alza la coppa dei moschettieri, la alza bene al cielo.
Suona l’inno svizzero e una lacrima gli scivola sul viso come dire: c’è l’ho fatta, finalmente.


Solo applausi per Roger e tanti auguri, speriamo sia maschio.


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