Caja Magica per Roger
Trionfa Federer a Madrid, sconfitto Nadal con un doppio seiquattro.
Quest’anno non c’è più Amburgo, non c’è più il pallido sole tedesco, non ci sono più spettatori sotto le coperte, c’è la “Caja magica”(ma neanche tanto) di Tiriac.
Milioni e milioni di euro,un impianto avveniristico con tre centrali coperti, sedici campi all’aperto e undici(si undici) indoor; annunciato come “quinto slam”(ma anche no) si è rivelato troppo freddo, spettrale e con alcuni vuoti imbarazzanti. La tradizione è sicuramente altrove.
Oggi pomeriggio sul campo “Manolo Santana” si recitava l’atto ventunesimo tra i primi due giocatori del mondo, con il numero uno che conduce per tredici a sei (otto a uno sulla terra).
Federer vince il sorteggio e sceglie di far servire Nadal.Si parte.
Il copione è quello noto: prima carica centrale, inebriante toppone sul rovescio svizzero, stecca, quindici zero. La lettura tattica del match ve la risparmio, ne abbiamo già visti venti tutti uguali.
Ma oggi ha vinto l’altro, ha vinto Federer e allora bisogna fare un altro tipo di lettura.
Fattore uno. Le condizioni di gioco.
Siamo a Madrid, seicento metri abbontanti sul livello del mare, l’aria è più rarefatta, la pallina trova meno attrito e viaggia, viaggia molto; la terra inoltre è veloce, molto veloce, sembra Amburgo, sembra quasi terra verde.
Il servizio piatto cammina che è un piacere e anche i colpi in slice non perdono troppo di efficacia, il tutto è ovviamente a vantaggio del numero due.
Fattore due. Le condizioni di Nadal.
Lo spagnolo era reduce dal match migliore del torneo, veniva da quattro ore di violente randellate nella semifinale contro Djokovic, un match di un’intensità incredibile, un’espressione superba di powertennis, una spettacolare rissa agonistica senza esclusione di colpi con il pugile serbo che cadeva al tappeto dopo aver sprecato tre match point.
Una partita che lo ha certamente prosciugato di energie fisiche e mentali, se consideriamo poi che quest’anno il tour de force spagnolo non ha avuto l’interruzione di Roma, il piatto è servito(anzi cotto).
Il maiorchino oggi appariva leggermente sottotono, meno pimpante del solito e soprattutto meno lucido mentre inseguiva i suoi passanti e recuperi miracolosi, elemento essenziale del suo gioco; nonostante ciò lottava strenuamente fino all’ultimo game creando, salvo poi fallire, due opportunità di controbreak. Incomiabile.
Fattore tre. L’avversario.
Oggi, a prescindere da tutto, Federer è stato meraviglioso.
E’ partito variando tutto il possibile e rischiando anche oltre, sembrava sull’orlo del precipizio, sembrava poter perdere la concentrazione e le staffe alla prima difficoltà, come al solito. E invece no.
Aiutato anche dalla fallosità di Nadal, lo svizzero oggi non proponeva mai due soluzioni uguali verticalizzando alla prima occasione e spezzando il ritmo con una sublime riscoperta della palla corta.
Ma la vera svolta è stata nel servizio, un colpo che, dopo l’infortuni oalla schiena subito a Bercy, sta ritrovando sempre maggior efficacia; oggi Federer è stato fenomenale alla battuta, ingiocabile con la prima e arrembante con la seconda.
Il match lo ha significativamente chiuso con un ace, il sesto, e con un’esultanza piuttosto misurata, con l’indice destro puntato al cielo, come dire: finalmente.
Raccontato ciò, a Parigi mancheranno sicuramente i primi due fattori, il terzo non si sa.
Chi vuol intendere, intenda.
Appuntamento al Roland Garros, si comincia il venticinque.