Il toro che doma anche il vento
Inserito il 23 marzo 2009 15:25 da Vincenzo Ressa in Internazionale
Rafael Nadal trionfa nel primo Master Mille della stagione a Indian Wells, California. Non bastava il numero uno del mondo dall’altra parte della rete, ci si sono messi anche gli sbuffi di Eolo a rovinare la domenica di Andy Murray.
Lo scozzese, messosi in lotta contro il vento, ha perso la pazienza e così la partita, è stato surclassato da Rafael Nadal raccogliendo la miseria di tre giochi: seiuno seidue.
Una situazione veramente paradossale, condizioni di gioco al limite della calamità.
Ne sono venuti fuori scambi tra il ridicolo ed il grottesco degni di due quarta categoria e neanche troppo sobri; a tiri alti e centrali si sono alternate affettate da macellaio e avanzate a rete tanto sconclusionate quanto efficaci vista la difficoltà dei passanti e dei pallonetti.
I liftoni maiorchini ebbri di topspin hanno domato i movimenti d’aria improvvisi e violenti con maggiore incisività rispetto ai colpi meno lavorati ma più penetranti dell’avversario, se a ciò aggiungiamo la maniacale ricerca della palla dello spagnolo unita ad un inscalfibile capacità di concentrazione, il quadro è completo.
Rafael Nadal è ormai il dominatore assoluto di questo sport su ogni superficie, anche il cemento, dove prima bastava un Blake o un Berdych per fare le valigie, è diventato terra di conquista.
Dal trionfo sull’erba londinese lo spagnolo ha infilato una serie di successi strabilianti anche sulla superficie meno amica con le affermazioni a Toronto, Cincinnati, ai giochi olimpici di Pechino e agli Australian Open.
Molti sottolineano (giustamente) come il vergognoso rallentamento dei terreni abbia favorito il giocatore di Manacor, altri puntano l’attenzione(altrettanto giustamente) sugli strabilianti miglioramenti del numero uno che anche ieri ha mostrato passi avanti, soprattutto nell’efficacia del gioco di volo.
Fatto sta che il primo Slam e il primo master mille del duemilanove portano la firma del giocatore delle Baleari: le vittime di questa settimane sono state Berrer,Tursunov,Nalbandian,Del Potro,Roddick e Murray, tutte vittorie agili in due set se escludiamo la sanguinosa battaglia con Nalbandian, il quale vantava un bilancio di due a zero nei precedenti.
L’argentino, infatti, si è reso protagonista di un match sopra le righe disegnando il campo in scioltezza con le sue geometrie sublimi; portatosi avanti seitre cinquetre si è annulato ben cinque match point e con la stessa facilità con cui aveva dominato si è spento lasciando via libera a Nadal che lo ha spazzato via lasciandolo a zero nel set decisivo. Niente di nuovo.
Ultimi cenni, doverosi, per Novak Djokovic e Roger Federer.
Il serbo è l’ombra di se stesso da tanti mesi, troppi. Molti si sono lasciati ingannare dalla vittoria di Shanghai, ma la parabola discendente è iniziata da prima, molto prima.
Forse è ridicolo parlare di involuzione e parabola discendente per un ragazzo appena ventiduenne, i fatti però parlano da soli e non diamo la colpa alla nuova Head.
Questa settimana si è visto un Djokovic spento, confuso, scarico, disastroso tatticamente, inspiegabile tecnicamente, un trend già visto da tempo.
Non è pensabile attuare un tennis alla “tiro tutto e comunque in ogni situazione”, può capitare che in quella settimana prendi solo righe e allora vinci Melbourne ma è evidente che non sempre tutto gira alla perfezione; può capitare che non metti due palle di fila in campo ma continui a forzare e allora fai cinque game con Roddick, come venerdì.
Urge stabilità, equilibrio, fiducia e nuovi stimoli.
Passiamo allo svizzero, sconfitto in semifinale da Murray per seitre quattrosei seiuno in un match assurdo, quasi irreale.
Una partita iniziata intestardendosi sulla diagonale di rovescio con Murray che si mette dietro e lo fa sfogare con la sua regolarità, tre palle break consecutive sprecate sul due uno e poi il crollo verticale fin troppo prevedibile.
Secondo set: Federer inizia a spingere con il dritto cercando con continuità di verticalizzare il gioco, sul tre pari inserisce la God-Mode e inventa il tennis per dieci minuti vincendo il parziale.
Il match sembra girato, anzi è girato, lo svizzero è convinto, centrato, lo scozzese salva un game pericoloso al servizio e si porta avanti due a uno; siamo sul quindici pari serve Federer, Murray viene preso in contropiede e scivola tirando un urlo primordiale, fine della partita.
Da quel momento lo svizzero si eclissa, non farà più un game.
Roger non riesce più a tenere la concentrazione come in passato, ha dei vuoti tanto deleteri quanto improvvisi; se dal punto di vista fisico è riuscito a rimanere in ottime condizioni grazie alla naturalezza e facilità del suo gioco, dal punto di vista prettamente mentale i cinque anni di dominio lo hanno stancato,logorato,zavorrato.
Ha un evidente bisogno d’aiuto, anche se a leggere le sue interviste non sembra proprio.