Cristian Brandi: "Fabbiano potra' far bene anche sul veloce"
Inserito il 4 dicembre 2008 21:36 da Redazione in Angolo del Coach
Intervista a Cristian Brandi, coach di Thomas Fabbiano, uno dei giovani tennisti azzurri piu' promettenti. Cristian ci parla del suo giovane allievo e in generale del tennis in Italia.Thomas Fabbiano
Un allenatore emergente, attuale coach del pugliese Thomas Fabbiano, un saluto a Cristian Brandi.
D: Sei l’allenatore di Thomas Fabbiano, giovane promessa su cui molti addetti ai lavori scommettono, le tue sensazioni.
R: Molti pensano che Thomas sia un giocatore prettamente da terra, ma io sono convinto che in futuro anche sugli hard courts potrà far bene. Si parla spesso dell’altezza di Thomas, che viene considerato piccolo per questo power tennis, ma non dimentichiamoci che nel circuito ci sono i Clement, i Ferrer, i Santoro che grandi non sono ma che hanno raccolto moltissimo sul cemento. Ognuno ha le sue caratteristiche. Lui sa quali sono i suoi punti di forza e in che cosa è carente. Sta a me poi metterlo nelle condizioni di esprimere al massimo il suo tennis. Fisicamente è molto ben preparato, è un atleta serio e sono convinto, che mi regalerà grosse soddisfazioni.
D: Obiettivo per il 2009.
R: Per quanto concerne l’aspetto tecnico, voglio che Thomas giochi più sul cemento, dove secondo me ha margini altissimi di miglioramento, e poi c’è un target di classifica che sappiamo io e lui ma che ci teniamo per noi. Sulla terra ha già un gioco molto solido, credo che diventerà sempre più difficile affrontarlo in futuro.
D: La scelta di Thomas Fabbiano è ricaduta sulla tua figura quando ha deciso di tentare l’avventura professionistica, una grossa responsabilità da parte tua.
R: Le responsabilità le ho sempre avute, ho fatto una vita da professionista- giocatore, poi da cinque anni ho deciso di intraprendere la carriera di allenatore. Purtroppo molti dimenticano che sono cresciuto con uno degli allenatori più bravi a livello internazionale, Riccardo Piatti, e questo credo che non sia una cosa da poco. Riccardo tutt’oggi lo sento quotidianamente, e questo è molto importante per la mia crescita professionale.
D: Mi dispiace porti questa domanda Cristian, ma ci sono state molte polemiche sul fatto che la tua collaborazione con la Fit sia finita a causa del tuo non rinnovo del contratto, ci sono state molte illazioni su questa cosa, ci vuoi dare la tua versione…
R: Tutto ciò che molti hanno detto e scritto su di me non è assolutamente vero, ci tengo a precisare questo. Quello che ti posso dire è che ho sempre lavorato onestamente con scrupolo e professionalità. Forse ho sbagliato a essere troppo sincero e diretto, e questo credo che mi abbia penalizzato non poco. Posso aver sbagliato probabilmente su alcune cose, ma quando mi dicono che sono stato in vacanza quando non dovevo, credo che questa sia stata una cattiveria. Io sono sempre stato onesto e leale, e queste critiche costruite sul nulla mi hanno fatto male.
D: I coach in Italia, ti senti di fare una riflessione su questa categoria…
R: E’ un argomento molto ampio da trattare…io l’anno scorso ho fatto il corso per diventare tecnico, e il fatto di aver giocato a livello professionistico, non significa automaticamente diventare un buon allenatore. Ci sono molte componenti, lo spirito di sacrificio, la voglia di viaggiare, essere bravo a dialogare con il tuo giocatore, è un mestiere veramente difficile.
D: Ma quanto è difficile allenare un giocatore di diciannove anni, essere sempre lontano da casa, è veramente pesante, le tue sensazioni….
R: E’ molto pesante, però se ami questo mestiere, lo fai volentieri, e poi mi trovo bene a lavorare con i ragazzi, è molto gratificante, anche sotto il profilo umano. Aver la possibilità di costruire e plasmare un giocatore che inizia a muovere i primi passi nel circuito professionistico non è una cosa da poco.
D: un'ultima domanda che spesso faccio ai tuoi colleghi, perché in Italia da più di trent’anni non abbiamo un top 10?
R: Ed io ti rispondo con una domanda, perché in Francia dal 1983 non vince più un francese il Roland Garros? E’ una questione di budget, di mentalità, di organizzazione, federale e non solo, un problema di famiglie, è un problema di scuola che non aiuta. Il tennis è uno sport durissimo, sempre in giro, sempre fuori casa, non è uno sport di squadra, sei solo sul campo con i tuoi pensieri, con i tuoi dubbi, con le tue non certezze. Alla fine sei tu che vai in campo, lotti con mille paure, lotti con mille problemi, a livello mentale è uno sport molto probante. Questo negli altri sport non c’è, ed è logico che molti ragazzi scelgano il calcio, molto più facile che richiede sicuramente molti meno sacrifici. La tua responsabilità viene divisa tra i componenti della squadra, nel tennis non è così.
Un grazie a Cristian Brandi e un arrivederci al 2009.
Antonello Zani Tennisteen