Intervista a Fabrizio Fanucci.
Inserito il 11 novembre 2008 22:22 da Redazione in Angolo del Coach
Intervista a Fabrizio Fanucci, coach da sempre di Filippo Volandri. L'allenatore toscano ci parla della stagione di Filippo, del tennis in Italia, e del problema degli allenatori nel nostro Paese.Filippo Volandri
Questa intervista è stata realizzata durante il challenger di Manerbio a fine agosto, la pubblicazione della stessa era programmata per ottobre, ma visto il terribile lutto che ha colpito il tennis italiano è stata posticipata, e ve la proponiamo adesso.
Intervista a cura di Antonello Zani.
Sono in compagnia di Fabrizio Fanucci, uno degli allenatori più importanti a livello internazionale, allenatore storico di Filippo Volandri, nonché Direttore della Florence Tennis School di Firenze, una delle più note academy a livello italiano.
D: Allora coach come andiamo?
R: Bene grazie.
D: Iniziamo a parlare della stagione del tuo pupillo Filippo, un bilancio?
R: Dopo un inizio difficile con punti pesanti persi a Roma e Parigi, a causa del noto problema al ginocchio, abbiamo inanellato due vittorie a San Marino e a Cordenons, fatto semi a Manerbio,risultati che ci hanno consentito di risalire in classifica. Vincere tornei è sempre difficile, anche a livello challenger. Il bilancio poteva essere migliore, purtroppo è successo quello che tutti sanno.
D: Quest’anno mi trovavo a Umago ed ho visto Filippo vincere contro uno spento Flavio Cipolla, e poi perdere con un periodico 6-4 da un Fognini in gran spolvero. Molti degli addetti ai lavori hanno pensato che la vittoria di Fognini rappresentasse il passaggio di consegne …………..
R: Prima di andare a Umago, ho messo dei paletti a Filippo, ci siamo guardati in faccia, siamo ritornati a fare tutte le vecchie cose che facevamo prima, abbiamo persino ripreso le vecchie corde, abbiamo ricominciato a fare un certo tipo di preparazione alla vecchia maniera, e ci siamo tolti un sacco di problemi dalla testa che erano legati all’infortunio. Filippo usa un byte di un cm in bocca dalla mattina alla sera, è non è facile abituarsi a giocare con un byte. A Umago era il primo torneo che rigiocava in una certa maniera e non è andato malissimo. Non è assolutamente uno scambio di consegne con Fabio Fognini, vogliamo chiudere nei 100, e credo che non sia un risultato disprezzabile, tenendo conto di tutti i problemi che Filippo ha dovuto affrontare quest’anno. E’ stata sicuramente una stagione difficilissima, negli ultimi cinque anni Filippo è stato il numero uno italiano, può succedere di incappare in una stagione storta.
D: Filippo è uno dei giocatori più seguiti a livello mediatico. Gli viene rimproverato spesso di non aver conseguito risultati sul cemento e indoor confacenti alla sua classe e preparazione . L’anno scorso si vociferava che il suo team avesse fatto apportare delle modifiche al servizio, per renderlo più pericoloso, ma i risultati non sono stati pari alle attese. Per il 2009 ci sarà qualche cambiamento?
R: Molti pensano che Filippo non sappia giocare sul cemento, ma non è assolutamente vero, è una questione di mentalità, è una superficie dove lui non riesce ad essere se stesso. E se tu vuoi entrare nei primi top 20, posizione che Filippo a mio avviso gli compete, bisogna vincere più partite sul cemento,. Il problema del servizio è dovuto in parte al problema della spalla che si trascina da alcuni anni, problema non di facile soluzione. Due anni fa avevamo preso la decisione di allenarci con Nadal e Moya, un mese sul cemento in Spagna e subito era arrivato un ottimo risultato con la semi a Dubai. Io speravo che questo risultato fosse un buon viatico per la sua carriera sugli hard court, ma purtroppo non è stato così. Anche se purtroppo il problema del ginocchio si accentua sul cemento, e di conseguenza spesso ci troviamo tra due fuochi, spingere la stagione sul cemento con il rischio di sovraccaricare l’articolazione oppure continuare con la solita programmazione. Non sono mai scelte facili e spesso dall’esterno certe scelte non vengono viste positivamente.
D: A mio giudizio quest’anno il punto più basso di Filippo è stato toccato a Bastaad, sconfitta al primo turno assolutamente non preventivabile, con il numero 500 del mondo……..
R: Secondo me il punto più basso è stato toccato nell’arco di due-tre mesi, dove lui è andato in paranoia per qualsiasi cosa, non era sereno. E quando non sei sereno è difficilissimo fare risultato.
D: E adesso vorrei toccare un argomento a te molto caro, vista naturalmente la tua posizione, di coach in Italia. C’è stata una lettera da parte tua, per quanto concerne gli allenatori in Italia, cos’è cambiato dopo questa lettera?
R: Non è cambiato niente. C’è una promessa da parte del presidente Binaghi, ed alla quale ci devo credere. Ci sarà forse probabilmente un maggiore coinvolgimento dei coach nella gestione dei giovani giocatori in Italia. Purtroppo anche il fatto di non convocare i coach nella trasferta olimpica, è una cosa che mi ha lasciato perplesso, anch’io quattro anni fa ad Atene con Filippo, non avevo avuto la possibilità di seguirlo. Uno dei problemi principali del tennis in Italia, è la poca coesione tra la federazione e i team privati. Oggi giorno portare avanti una scuola o academy, è veramente molto difficile. La Florence School a Firenze conta su trenta maestri, e noi siamo una delle realtà più grosse. Abbiamo dei costi non indifferenti, per portare avanti il nostro progetto. Faccio un esempio, se la federazione ci mandasse dei maestri da formare sul campo e li pagasse direttamente lei, questa iniziativa contribuirebbe a liberare fondi da investire sui nostri atleti da un lato, e dall’altro, darebbe la possibilità a dei giovani di intraprendere questo bellissimo mestiere, sporcando tra virgolette il proprio curriculum, con un'esperienza in una academy importante come la nostra. Questo sarebbe indubbiamente un buon sintomo di collaborazione. Noi vogliamo collaborare con la fit, e la fit deve credere in questa collaborazione, ne gioverebbe tutto il sistema, cosa che avviene sistematicamente in Francia. E poi dare la possibilità ai ragazzi di essere seguiti da un coach ai tornei è veramente importante. Il 60-70% dei giocatori che frequentano il mondo futures e challengers non si può permettere di portarsi il coach, e questo francamente penalizza non poco un giocatore.
D: Di te mi aveva parlato benissimo un tuo allievo Giorgini, un altro esempio di ottimo giocatore ma che non riesce ad emergere…..
R: Giorgini buon giocatore, si è operato al ginocchio, si sta riprendendo, ma il problema di Giorgini ma anche quello di tanti altri, è la mentalità, nel senso che non investono su se stessi, hanno paura a spendere, anche a causa dei budget limitati. Se vuoi ottenere risultati in questo sport, devi aver la forza di andare un mese in sud-america e metterti in discussione, devi rischiare, devi crederci. Ci sono tanti tornei in Italia, ma alla fine questa cosa diventa contro producente per molti, perché dopo un anno o due che giochi questi tornei, se vuoi crescere in qualità devi giocare su altre superfici, contro altri giocatori. Se giochi un future qui in Italia, e la settimana dopo ne rigiochi un altro, e poi un altro ancora, rischi sempre di incontrare gli stessi giocatori, e come puoi pensare di migliorare qualitativamente, è molto difficile. E il coach stesso, come fa a migliorare se vede sempre le stesse partite, mettiti nei panni di un giovane coach, è difficile fare esperienza in questo modo.
D: Un ultima domanda Fabrizio, ma come mai non riusciamo a produrre un top 10 in Italia da più di trent’anni, ed altre nazioni come Cipro, i paesi dell’est, la Serbia, ci riescono?
R: Purtroppo i bambini che arrivano al tennis, spesso qui in Italia, è brutto dirlo, ma sono gli scarti degli altri sport, prima viene il calcio, che prende tutto e poi il tennis. Io ho iniziato a lavorare a 19 anni, e ti posso assicurare che non è mai cambiato niente, nel tennis è sempre arrivato lo scarto degli altri sport. Io ho una scuola, dove i numeri sono grossi, c’è una scuola il circolo tennis africo che ha 230 bambini, di questi 230 bambini, ogni anno se ne perdono 80 e ne arrivano 80, un turn over molto elevato. Non c’è un indirizzo ben preciso sul tennis, spesso il tennis viene visto come un parcheggio per molti ragazzi. Non puoi mettere in campo un maestro con dieci allievi e poi il bambino tocca la palla ogni venti minuti, dopo due mesi questo bambino lo hai perso. Bisogna lavorare sui giovani, bisogna investire, è inutile dare contributi a pioggia con il rischio di disperderli in mille rivoli, ma indirizzare questi contributi nei confronti di realtà che producono risultati sul campo. Io mi auguro che la fit ci tenda la mano, alla fine tutti noi vogliamo il bene del tennis italiano.
Ringraziando la disponibilità e la gentilezza di coach Fanucci, gli facciamo un grosso in bocca al lupo per il suo lavoro.
Antonello Zani Tennisteen