Le 10 cose che Parigi ha detto
Inserito il 14 giugno 2009 10:40 da Redazione in Editoriali
Dieci considerazioni del nostro editorialista Stefano Bolotta post-Roland Garros.1. È Federer il più grande di ogni epoca
Checché se ne dica, questa discussione è tanto aleatoria quanto sinceramente poco interessante. Nello sport contano soprattutto i numeri, dunque lasciamo che siano questi a parlare: 14 titoli dello Slam, tutti e quattro, 19 finali, 20 semifinali consecutive. Pochi hanno fatto notare che Roger ha eguagliato o battuto record appartenenti a diversi giocatori, e il fatto che li abbia racchiusi tutti in un unico braccio, il suo, pone fine a qualsiasi ragionevole dubbio. Non fosse sufficiente, qualcuno ha mai visto un tennista tecnicamente più completo di lui? Sempre presente e con tante soluzioni nei momenti topici? Meglio preparato a livello atletico? Spesso e a sproposito si parla di lui come del “bel gesto” e basta: se lo abbiniamo ai numeri sopracitati, dovremmo tutti inchinarci e pregare che giochi ancora per dieci anni. Ciò non toglie che fra trent’anni qualcuno potrebbe averlo superato, i primati sono fatti per essere battuti (Nadal? Dimitrov? Ics Ypsilon?): difficilissimo, ma sempre possibile.
2. Parigi ama Roger e non rispetta Rafa
Le due facce della medaglia dell’istrionico pubblico dello Chatrier: ha tifato Federer come fosse francese, quasi allo stesso livello dei beniamini di casa anche negli scontri diretti (con Mathieu e Monfils), ma ha palesemente lasciato intendere che Nadal non è gradito. La prima ci può stare, Federer raccoglie consensi dal Polo Nord a Saturno per fascino e correttezza. La seconda è mancanza di buon senso ed educazione: Rafa ha trionfato quattro volte a Parigi e lo ha fatto alla sua maniera, con forza ed educazione (soprattutto negli ultimi anni, da quando non è più un ragazzino scamiciato), e sempre con pieno merito. Il numero uno del mondo non merita in alcun caso un trattamento simile, specie quando è sotto nel punteggio come contro Soderling.
3. Nadal non è il più dominante
Il record (in coabitazione) di Borg è salvo: quattro vittorie consecutive al Roland Garros. Ci eravamo talmente abituati a pensare Rafa come il signore dei campi in terra battuta, da rimanere più che basiti di fronte al suo crollo parigino e alla sua mesta uscita dal campo. Avrà anche i dolori al ginocchio (se li aveva da tempo, perché non si è mai lamentato sul cemento?), ma il momento è delicato e dovrà dimostrare di saperne uscire. Quattro Roland Garros sono pur sempre un’impresa assoluta, ma il suo grande avversario, colui che a molti sembrava finito, ha una striscia ancora aperta a New York (cinque vittorie in fila) di cui si parla forse troppo poco.
4. I terraioli «cacciati» dalla loro… terra
Una volta dominavano la stagione sul rosso, ora si limitano a farlo a livello Challenger piuttosto che nei piccoli tornei. Nei Master 1000 e al Roland Garros, complici fondi più veloci, attrezzi ottimali e schemi meno attendisti, i migliori giocatori sono sempre gli stessi, quelli che ti aspetteresti anche sul cemento. Considerando le condizioni climatiche ballerine (vento, caldo o umidità), i campi si trasformano sempre più spesso in una roulette dove la componente psicologica conta quasi più della predisposizione a sporcarsi di rosso.
5. Soderling è più che una mina vagante
Il Cinese di Svezia è esploso. In piena efficienza fisica, ha approfittato delle condizioni ambientali e dei campi veloci per trasformarsi in protagonista. Con i colpi che ha, e la “testa” mostrata non solo contro Nadal ma soprattutto con Gonzalez, può incamerare tantissimi punti da qui al Master di Londra, dove presumibilmente lo ritroveremo. Ora inizia la stagione sull’erba, poi il duro Usa, quindi l’indoor: i suoi terreni ideali. Chi vorrà vincere Wimbledon e Us Open, dovrà per forza tenerlo d’occhio e sperare di non incrociarlo prima delle semifinali.
6. Spagna e Francia, giganti piccolissimi
A guardare la classifica Atp alla vigilia dello Slam parigino venivano le vertigini a contare i francesi e gli spagnoli nei primi cento: 12 i transalpini, 13 gli iberici. Espressioni di scuole diverse ma vincenti, lungimiranti e capaci di organizzare sistemi funzionali, dunque di crescere ottimi giocatori. In tutto, cinque top ten su dieci. Risultato? Nessun semifinalista, un giocatore a testa nei quarti, i meno quotati di tutti (Monfils e Robredo). Anche i giganti, a volte, possono diventare piccoli piccoli.
7. Gli italiani? Non pervenuti
Ci piacerebbe raccontare la grande impresa di un italiano, ma così non è stato. Bolelli e Starace hanno giocato bene ma hanno perso partite che potevano portare a casa (anche Potito con Murray, sì!), Fognini deludente dopo avere superato le qualificazioni. Dovremmo inserirla tra le “10 cose che il Roland Garros non ha detto”, ma in realtà, come sempre negli Slam, ha ribadito che non c’è un risultato degno di nota da tempo immemore.
8. Il tennis femminile è un’insalata russa
Nel momento in cui scriviamo, probabilmente un paio di nuove giocatrici russe sono pronte a entrare fra le prime dieci della Wta. E così sarà dopo il prossimo Slam. La scuola dell’est, fatta di potenza e poca fantasia, continua a produrre robotiche campionesse seriali. Senza doti particolari, eppure vincenti. Safina deve battere prima se stessa, Kuznetsova è degna del secondo Slam in carriera, ma era l’unica semifinalista ad averne già centrati. In ogni caso, alla vigilia di uno Slam potrebbero vincerlo almeno in dieci. Equilibrio sinonimo di spettacolo? Forse è più oggettivo parlare di livello ai minimi storici, in cui nessuna spicca per doti tecniche o carismatiche sulle altre.
9. Gonzalez non ha un gran “sedere”
Era sempre stato considerato simpatico da tutti, Fernando il cileno. Braccio pesante come la pietra, tennis esplosivo, sorriso ammaliante. In semifinale contro Soderling si è macchiato di uno dei gesti più brutti visti su un campo di tennis. La palla era davvero fuori, ma che senso ha avuto pulire il segno con il sedere? Oltretutto, è sembrato un paradosso: usare il “sedere” per ottenerne in cambio scarsa fortuna, con la sconfitta al quinto set.
10. Il miglior torneo del mondo…
Quando si vince, è sempre il miglior torneo del mondo. Banalità? Forse. Lo disse Nadal quando vinse la prima volta al Roland Garros, per poi ripeterlo negli anni. Lo disse Federer quando alzò il primo trofeo a Wimbledon. Poi venne il giorno in cui Rafa detronizzò Roger sui prati. E quello in cui lo svizzero portò via il regno rosso al maiorchino. E per magia, Parigi diventò «il torneo più bello del mondo» per Federer e invece, per voce di Zio Tony, «non il preferito da Rafa. Ce ne sono altri migliori». Ci giochiamo un euro: per caso uno che si disputa a luglio, campo verde, nuovo stadio dal tetto chiudibile? Per cortesia, signori (campioni), un po’ di coerenza e meno piaggeria.
Stefano Bolotta