E grandItalia nei futures. Ma non è tutto oro ciò che luccica.
Inserito il 13 settembre 2008 10:02 da Redazione editoriale in Editoriali
Appuntamento da non perdere con l'editoriale di Roberto Commentucci, che ci aiuta a leggere alcune statistiche riguardanti i futures.
Matteo Volante
Domani andrà in scena, al torneo di Porto Torres, 30o future italiano, una finale tutta azzurra, fra Massimo Dell’Acqua e Matteo Volante. Si tratterà del 34° future vinto quest’anno dai tennisti italiani. E siamo solo a settembre. Un risultato eccezionale, largamente superiore a quanto fatto registrare nelle stagioni passate. Nel 2005, 2006 e 2007 ci eravamo fermati, in tutta la stagione, a 22 vittorie; nel 2004, erano state appena 17.
Tuttavia, non sempre i numeri, da soli, dicono tutta la verità, che a guardar bene è meno rosea di quanto possa apparire a prima vista.
Come dice il nome, i tornei future costituiscono, per i giovani agonisti, il circuito di ingresso nel tennis professionistico. Essi sono per i giovani la prima, indispensabile gavetta, prima di passare al livello challenger e infine, per i pochissimi che ne hanno le qualità, ai tornei Atp.
Pertanto, ci si aspetta che un movimento tennistico in salute, con prospettive di ricambio generazionale, debba accogliere, a livello future, parecchie vittorie con tennisti giovani, di 18-20 anni.
Purtroppo, non è il caso dell’Italia. Delle 34 vittorie ottenute finora quest’anno, solo 2, meno del 10%, sono state colte da giocatori con meno di 20 anni, entrambe per merito di Thomas Fabbiano. Con gli altri giovanissimi, abbiamo ottenuto 2 finali (con Lopez e Comporto ). Davvero pochino.
Molti successi sono stati invece ottenuti da giocatori ancora giovani, ma non più giovanissimi, che stanno lentamente maturando, sia pure “a scoppio ritardato” e che hanno usato i future come trampolino di lancio per il circuito challenger o le qualificazioni Atp. E’ il caso di Matteo Viola, classe 1987 (2 vittorie e 1 finale) di Gianluca Naso anche lui classe 1987 (1 vittoria), di Matteo Marrai, classe 1986 (tre titoli e due finali) di Luca Vanni, classe 1985, (2 titoli e una finale), di Riccardo Ghedin, anche lui classe 85 (2 titoli e una finale). Un caso a parte è quello di Giancarlo Petrazzuolo, classe 1980 (1 vittoria) che dopo una vita spesa a livello future sta vivendo la sua miglior stagione, con un buon rendimento anche a livello challenger. In totale fanno 11 vittorie, circa il 30% del totale. Questo dato ci conferma quanto già sapevamo: moltissimi nostri giocatori da giovanissimi si perdono ,non sono maturi per l’attività professionistica, ed iniziano a fare sul serio solo intorno ai 22-23 anni. Purtroppo per loro, molto spesso a quel punto per molti di loro è troppo tardi per emergere davvero nel circuito maggiore.
Un’altra tipologia di vincitori di future che possiamo identificare è quella costituita da tennisti già maturi, di livello tecnico superiore, che per varie ragioni sono stati costretti a giocare future con l’obiettivo di potersi ricostruire una classifica: il caso più eclatante è quello del bravissimo Thomas Tenconi, che dopo essere riuscito coraggiosamente a risolvere i suoi guai fisici si è aggiudicato ben 6 titoli ; ma anche Andrea Stoppini, (2 vittorie) Massimo Dell’Acqua e Paolo Lorenzi (un titolo a testa) non possono essere considerati giocatori di livello future, e sono stati costretti a competere in tali tornei solo per motivi di classifica. Questa tipologia di vittorie ammonta ad un altro 30% del totale.
La forzata frequentazione a livello future di questi atleti spiega anche (assieme con le ingiuste squalifiche Atp comminate a Luzzi e Di Mauro) la scarsità di giocatori italiani fra il 100° e il 200° posto della classifica mondiale, un segmento dove negli anni passati riuscivamo ad inserire numerosi tennisti, abituati a ben figurare nel circuito challenger.
Le altre 12 vittorie (Azzaro e Torresi 3 a testa, Ianni 2, una ciascuno Fra’ Piccari, Prader, Iannuzzi, Da Col) sono state invece ottenute da giocatori con una dimensione tecnica sostanzialmente coincidente con il circuito: sono le vittorie dei giocatori “da future” (anche se uno come Azzaro avrebbe potuto ottenere molto di più in carriera).
In conclusione, il boom di futures vinti quest’anno non deve far pensare che presto avremo molti giovani nei primi 100.
I giovani con buone prospettive (su tutti Naso, Marrai e Fabbiano) restano troppo pochi rispetto alle potenzialità del nostro paese e alle attese degli appassionati.
In particolare, fa riflettere il ritardo con cui tanti nostri giovani juniores riescono ad imporsi nei tornei future. E’ in quella fascia di età, fra i 18 e i 20 anni, che vengono bruciate molte carriere. Che la FIT mediti su questi dati.
Roberto Commentucci