La voglia di crescere

Inserito il 17 maggio 2008 19:31 da Alessandro Bianchi in Editoriali
Ecco le impressioni del nostro Marcos sul fantastico torneo disputato da Andreas Seppi ad Amburgo, culminato nell'emozionante quarto di finale vinto contro Nicolas Kiefer

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Ho finito di vederla ora, la partita tra Seppi e Kiefer: sono stremato e colmo d’emozione. Non ho potuto seguirla in diretta ed il timer del videoregistratore, per una volta, non m’ha tradito. Immaginando la durata dei primi due incontri, avevo impostato l’orario d’inizio della registrazione alle 16.30: “Ma sì…impostiamo tre ore e mezza, così mi vedo anche un pezzo di Nadal”, pensavo, mentre trafficavo col telecomando. Torno a casa, distrutto da una giornata paradossale, riavvolgo il nastro, mi siedo sul divano e schiaccio “play”: tempismo perfetto! Andreas si sta scaldando a rete. Non serve che vi racconti l’andamento del match perché non c’è anima in questo forum che non l’abbia seguito, punto per punto, dall’inizio alla fine. Chi davanti alla tv, chi in livestream, chi sul livescore, chi nel topic del live. E c’è qualcuno, secondo me, che l’ha seguito in tutti e quattro i modi: il tennis è una malattia, dolcissima.

Il match di ieri contro Juan Monaco, ottimo interprete dei campi rossi, ha confermato doti tecniche straordinarie del nostro, oltre ad una notevole capacità di reazione, all’inizio del secondo set, quando l’argentino, offeso dal sei a zero del primo, ha provato di tutto per rientrare nel match. Quello di oggi, ha mostrato l'intera natura dell'animo umano: la sicurezza, la baldanza, la debolezza, lo sconforto, la scorrettezza, la paura di perdere, il coraggio di vincere, la tensione, lo sfogo ed infine, il senso di liberazione. Negli ultimi punti del match, spesso la regia inquadrava una signorina bionda, con l’occhiale scuro a tenerle i capelli, morsa dall’ansia del tifo per il campione del suo paese: l’ultima sua immagine è l’ideale paradigma di quanto possano essere grandi i sentimenti umani. La mani sugli occhi, poi sul grembo e finalmente i pugni stretti dell’ansia, salire insieme davanti alle labbra, che non sanno più che dire, che non sanno più sperare, che non trovano più preghiere. E non importa che, in fondo, si tratta solo di un incontro di tennis.

Dopo la partita di oggi, quando leggerò le classifiche dell’Atp, saprò meglio considerare le fatiche che un tennista deve affrontare per salire progressivamente e saprò meglio considerare le sue eccezionali qualità: la scalata a certe posizioni è improba. In questo senso, il tennis è piena metafora della vita: ciascuno prova costantemente a salire giorno dopo giorno, a prescindere dalla quota della sua vetta. È importante scalare quotidianamente per migliorare e sentirsi vivi, anche se non si può conoscere quale sarà l’ultima cima raggiunta. Nel tennis c’è un limite: il numero uno. Nella vita è meglio non darselo: quelli comodi come me, sarebbero capaci di provare qualche vertigine già sulla battigia.

Seppi s'è tenuto in vita nel terzo set, salvando numerose palle break, con caparbia ed attenzione: così è riuscito a vincere l’incontro. Nel decimo game, quello del penultimo break, ne ha tirate due perfette: sono state sufficienti per incrinare le certezze del tedesco, avvolto dal tifo e dall’affetto di uno stadio stracolmo tutto per lui. A parte qualche migrante, fiero del suo vessillo. I due ultimi colpi, il passante di dritto in diagonale e la risposta rovescia e vincente, sono il delizioso frutto del desiderio di un ottimo tennista, a cui non basta quel che già sa fare. Ha voglia di crescere, Andreas, e sa di poter diventare ancora più grande. Siamo in molti a credere che Seppi possa aspirare ad una posizione tra i primi venti, e non solo per i suoi due straordinari fondamentali da fondo campo: è l’atteggiamento in campo, in ogni fase del gioco, a convincere che, nella sua compostezza, si nasconde l’animo del campione.

Marcos


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