Roddick, scarpe grosse e cervello fino.

Inserito il 13 marzo 2008 19:11 da Redazione editoriale in Editoriali
Attenta analisi del nostro Stefano  sul personaggio del momento:Andy Roddick.

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Andy Roddick è tornato. Il “Kid” del Nebraska si è aggiudicato a Dubai il suo secondo titolo stagionale, in un torneo dal ricco montepremi che lo avvicina al quinto posto del ranking Atp. A-Rod ha messo in fila Ferrero, Mathieu, Nadal, Djokovic e un ispiratissimo Feliciano Lopez disputando una settimana fantastica, nella quale sembra davvero tornato quello di qualche anno fa, quando arrivò come un ciclone nel circuito vincendo giovanissimo un titolo agli Us Open e arrivando per qualche settimana al numero uno in classifica.


Di lui pensavamo di conoscere tutto, e forse lo avevamo troppo presto rimosso dall’elenco dei giocatori di vertice in grado di impensierire Federer. Troppo suggestivi i colpi, l’entusiasmo e la gioventù di Novak Djokovic, Rafael Nadal, Richard Gasquet o Jo-Wilfried Tsonga. Eppure l’americano è ancora lì, da anni nei Top Ten, e finalmente di nuovo competitivo nei tornei che contano. Siamo convinti che il tennis espresso nell’ultimo mese potrà dare ad Andy grandi soddisfazioni sia a Miami – dove vinse nel 2004 – che a Indian Wells, e che lo ritroveremo in grande spolvero anche nella stagione estiva sul duro. Chissà che, a Wimbledon, non possa replicare la finale già raggiunta due volte (2004 e 2005), sempre sconfitto da Roger Federer.


In fondo stiamo parlando di un “Grand slam-man” che vanta però altre tre finali (la terza, nel 2004, agli Us Open). E il servizio più devastante del circuito. Roddick è tornato a battere in modo impeccabile, a Dubai, con la solita valanga di ace (81 in cinque match) ma anche con percentuali altissime sulla prima (una media del 77,8%) e buone sulla seconda (54%). In più, ha rispolverato il diritto a sventaglio dal lato sinistro del campo, che a inizio carriera gli aveva permesso di imporre il suo gioco, e ha cavato molti più punti del solito dalla risposta.
Pensavamo di sapere tutto, di lui: e infatti sappiamo che il rovescio è il suo punto debole, e che modi e tempi per attaccare lo spazio della rete sono ancora (quasi) perfetti sconosciuti. E’ qui che Roddick non ha saputo o voluto migliorarsi, rimanendo uno straordinario giocatore incompleto. Ma c’è un dato sorprendente, nella sua rinascita: l’addio con Jimmy Connors, annunciato proprio la scorsa settimana prima di infilare le cinque vittorie consecutive che gli hanno permesso di alzare il trofeo in Dubai. Senza Jimbo, Andy si avvia alla sua sfida più difficile ma forse più affascinante. Dimostrare che può andare avanti da solo, come stanno facendo Federer e altri tennisti di alto livello (Nalbandian lo ha fatto per mesi, ndr), affiancato dai soli preparatori atletici. E’ una scommessa, ma il Kid del Nebraska sembra avere la personalità giusta per ascoltare se stesso, più che “scimmiottare” grandi lottatori del passato come Connors o strateghi come Gilbert. E’ un agonista, sa infiammare le folle. E soprattutto è un ragazzo di grande sensibilità e intelligenza fuori dal campo.


Memorabili le sue conferenze stampa dopo ogni batosta subita da Federer, anni fa, quando divenne il primo vero antagonista dello svizzero. “Come vedi la vostra rivalità?” gli chiesero i giornalisti mentre il parziale degli scontri diretti recitava un parziale di 1-7 a favore di Roger. “Beh, innanzitutto per vederla dovrei iniziare a vincere qualche partita anche io” rispose. Chapeau. Allora speriamo in un Roddick senza paura, e allo stesso tempo senza assilli di imparare cose che non sa o non potrà fare. Servi e sbraccia, Andy. Potrebbe bastare questo per alzare un altro trofeo importante. In fondo, te lo meriteresti. Per le qualità umane che completano il tuo tennis simpaticamente “monco”.

Stefano Bolotta

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