2008: I campioni tremano, è la rivincita dei buoni giocatori
Inserito il 6 marzo 2008 12:39 da Redazione editoriale in Editoriali
Il declino di Federer, le nuove leve e...gli outsider che stanno dimostrando di valere quanto i top ten. Un'attenta analisi di Stefano Bolotta
Roger Federer
Che sia la fine di un’era? Non ce la sentiamo di pronosticarlo, ma la realtà è che Roger, sconfitto in Australia da Djokovic e a Dubai al primo turno da Murray, stia soffrendo davvero tanto le nuove generazioni. Giocatori che, a differenza di qualche anno fa, quando lo svizzero si abbatté come un ciclone sul tennis mondiale, sanno fare molte cose e bene, pur non essendo mostri sotto l’aspetto fisico. Nadal, in questo caso, è una (piacevole?) eccezione. Forse Federer ha sottovalutato il resto della truppa a favore dello spagnolo, che non pensiamo sia attualmente il più forte dei suoi avversari. Il risultato è un dominio che scricchiola, anche se è probabile che l’immensa classe e il “tennis” che Federer possiede gli consentiranno di vincere ancora almeno a Wimbledon, durante l’anno in corso. E poi, magari, le Olimpiadi che daranno medaglie e punti Atp. Nel calcio si potrebbe dire che il ciclo della grande squadra è ormai al termine. Nel tennis, forse no. Anche se l’età di Roger, prossimo ai 27, da qualche anno è più vicina al crepuscolo (inteso come calo delle prestazioni, ndr) della carriera che non all’apice, da registrare ormai fra i 22 e i 25 anni per la maggior parte dei giocatori di talento.
Il lato più positivo evidenziato dal circuito Atp nel 2008 è l’imprevedibilità che in altri sport individuali, si prenda ad esempio l’atletica, non trova eguali. Si è mai visto uno sconosciuto vincere i 100 metri in un meeting di buon livello? Oppure nel concorso del lungo, o nell’asta? Con ogni probabilità soltanto il ciclismo può regalare sorprese simili a quelle archiviate nei primi due mesi di tornei. Appena una settimana fa, nell’albo d’oro di due tornei di buon seeding e dalla discreta tradizione, si sono iscritti due nomi nuovi e inaspettati. Di sicuro a Memphis nessuno avrebbe scommesso un dollaro su Steve Darcis, belga dalla discreta classifica che lo scorso anno vinse sull’erba di Hertogenbosch ma che, a parte quell’exploit, non aveva mai fornito segnali di vita. Eppure sulla sua strada sono caduti giocatori di esperienza come Spadea, Melzer, Benjamin Becker, Bjorkman e il “caldissimo” Soderling. Un torneo quasi perfetto, come quello di Sergiy Stakhovsky a Zagabria, che alla fine ha alzato il trofeo sconfiggendo nell’ordine il gigante Karlovic, Troicki, Tipsarevic, il nostro Bolelli e Ivan Ljubicic. Eppure, in tabellone, Stakhovsky vi è entrato solo come lucky loser, cioè ripescato dalle qualificazioni. Spesso è la fortuna a facilitare le vittorie meno probabili, è vero, ma da gennaio a oggi dobbiamo registrare altre piacevoli sorprese: Kei Nishikori a Delray Beach – il 18enne giapponese che ha studiato da Bollettieri “sovvenzionato” dalla Sony – le due vittorie di un inatteso doppista come Micheal Llodra, l’hurrah di Kohlschreiber ad Auckland. Statistiche alla mano, solo il 20% dei tornei disputati sino a domenica scorsa sono stati vinti da Top Ten (4 su 20) grazie a Djokovic, Gonzalez, Nalbandian e Roddick. Questo significa che valori si stanno incredibilmente livellando ma verso l’alto; lo testimoniano le difficoltà di Federer e Nadal, l’esplosione di nuovi talenti sempre più giovani, la possibilità prima negata ai “buoni” giocatori di imporsi in alcuni tornei (ciò, naturalmente, fa sperare anche i nostri azzurri, ndr).
Con una similitudine calcistica, pare di assistere a un campionato in cui una decina di squadre siano raccolte in pochissimi punti, con chance di scudetto e qualificazione alle coppe europee per numerosi club. E’ questo il fascino del tennis alla fine del primo decennio del Duemila. E scusate se è poco.
Stefano Bolotta